Festival Suoni dal Mediterraneo 2010 "popoli in viaggio"

Resoconto della dodicesima edizione
Redazione 05 Ottobre 2010 notizie 972
Festival Suoni dal Mediterraneo 2010


circa due settimane fa si è conclusa la dodicesima edizione del Festival Suoni dal Mediterraneo, confortata da un grande successo di pubblico e di critica, e qualificandosi come un appuntamento irrinuciabile per la riscoperta delle tradizioni musicali sia della nostra terra che delle aree riconducibil al "Mare Nostrum", il mediterraneo.

Questo accade perchè Suoni dal Mediterraneo si caratterizza per l'originalità delle proposte musicali, selezionate sulla base di un'approfondita attività di ricerca che prescinde da logiche legate al circuito commerciale/discografico e alle mode emergenti, ma piuttosto privilegia la rappresentatività della cultura di appartenenza degli artisti partecipanti, con lo scopo di avvicinare il pubblico alla conoscenza del loro patrimonio musicale tradizionale.



Venerdì 10 settembre - 1° giorno

Non poteva capitarci di meglio: i primi a viaggiare siamo stati noi organizzatori, grazie alla pioggia insistente che venerdì, primo giorno del festival, ci ha accolti sin dalla mattina.
Sparisce d’incanto l’estate, amica di Suoni dal Mediterraneo, e l’autunno ci coglie di sorpresa, facendoci assaporare in anticipo la benefica azione dell’acqua piovana .
Grazie alla disponibilità dell’Auditorium Manzoni, (residenza della compagnia Teatro Minimo di Andria), Suoni dal Mediterraneo è riuscito a non rimandare gli spettacoli , evento mai successo in dodici anni di attività.
Ecco che nella prima serata, la dimensione festivaliera assume i contorni di un incontro speciale tra il pubblico più affezionato, che non si è lasciato scoraggiare dalla fredda e umida serata, e gli artisti ospitati.
Allora, per la sezione “Tradizioni popolari”, spazio a Salvatore Villani e a “Li Ariarule”, arrivati dal Gargano e da Chieuti (Qefti in albanese) per presentare i canti della tradizione “Arbëreshë”, canti di lavoro e di emigrazione, ma anche serenate e tarantelle del Gargano, per far ballare il coraggioso pubblico. SalvatoreVillani continua nella sua attività di ricercatore ed esecutore, e Angela dell’Aquila e Donato Meola, gli “albanesi” del gruppo, ci hanno regalato momenti di intensa emotività. Nelle traduzioni delle canzoni Arbëreshë ritroviamo la semplicità e la poesia che solo la musica di traduzione orale, viaggiando nei secoli assieme ai suoi esecutori, arrivano a trasmetterci, in questi tempi in cui né l’educazione all’ascolto, né il tributo alla ricerca, sembrano contare (e non solo per la musica).
Subito dopo Li Ariarule, per la sezione “Tradizione e contaminazione”, è stata la volta de "Il Parto delle Nuvole Pesanti", il cui nome non poteva che essere più adatto ad una giornata in cui il cielo ha “partorito”un settimo dell’acqua caduta dall’inizio dell’anno!!!
Gruppo storico, quello diretto da Salvatore De Siena, che da vent’anni gira l’Italia e non solo (Berlino, Praga, Lisbona, New York e Baghdad). Per la prima volta ad Andria grazie a Suoni dal Mediterraneo, le canzoni d’autore del gruppo, mescolate ad un sound a metà tra etnico e rock, ci hanno raccontanto di emigranti, viaggiatori, di Magna Grecia e, naturalmente, di storie d’amore, con l’immancabile “Riturnella”, antico motivo popolare calabrese che riecheggia lo stile dei cantastorie.


Sabato 11 settembre – 2° giorno

La giornata si apre all’insegna del bel tempo, cosa che ci conforta e invita tanta gente a partecipare al primo dei due workshop organizzati per questa edizione: Viaggio nei suoni e nella danza dell’antico Salento, realizzato a cura di Vera Di Lecce e Alessandro Coppola, componenti del gruppo dei Nidi d’Arac. Tutto esaurito il workshop tenutosi nel cortile di Palazzo Ducale, a testimonianza dell’interesse che il ballo della pizzica suscita soprattutto nelle giovani generazioni, ansiose di ritrovare passi e movimenti che restituiscono al corpo e allo spirito echi di genuina vitalità!
Per il pomeriggio di Sabato 11 settembre erano previste piogge sparse, e, dato che per motivi organizzativi ci risultava impossibile rinviare i concerti (ci sarebbe dispiaciuto, nel caso le previsioni si fossero verificate, annullarli e deludere chi ogni anno aspetta queste serate con affetto e partecipazione) l’Auditorium Manzoni è stato preferito per la seconda volta a Largo Giannotti.
La seconda serata si è aperta all’insegna della sezione “Strumenti della tradizione”, momento importante del festival, che permettere al pubblico di venire a diretto contatto con i simboli delle tradizioni musicali di un popolo.
E, visto che quest’anno si parla di “popoli in viaggio” (titolo di questa edizione) chi meglio del popolo irlandese, affacciato sull’oceano, può raccontarci di partenze, di sofferenze, di emigrazioni e di viaggiatori? E quale strumento non poteva non essere scelto a rappresentare la celtica isola del nord Europa se non la leggendaria arpa? Qui in Italia sono molti gli estimatori della tradizione musicale e letteraria irlandese. Ma c’è chi ha fatto di una passione l’attività di una vita intera. Parliamo di Stefano Corsi, arpista, armonicista del gruppo Whisky Trail, da trentacinque anni rappresentante italiano del folk irlandese in Italia e nel mondo.


Dopo mezz’ora di concerto l’Auditorium già suonava come una chiesa pagana: il pubblico cantava all’unisono differenti melodie, ora familiari e allegre, ora lontane e sognanti, battendo le mani ad accompagnare chi, arpa tra le mani e armonica tra le labbra, professa una religione universale, quella del musicista.
Qualche minuto, dopo, giusto il tempo di permettere ai ragazzi del service audio-luci di fare il “cambio palco”, e i Nidi d’Arac si presentavano davanti al pubblico sempre più numeroso. Via le sedie, spazio alla contaminazione musicale realizzata dal gruppo guidato dal cantante e chitarrista Alessandro Coppola. Un’ora e mezza di ritmi tradizionali fusi con una forte matrice rock e il sound digitale del dub master Daniele Tortora. Davanti a lui, alla destra e alla sinistra del palco le due donne del gruppo, il buio e la luce, ovvero il nero-vinile degli anfibi di Elena Floris, violinista, e il bianco dell’abito di Vera di Lecce, performer e cantante. A completare la formazione la sezione ritmica, con Edoardo Targa al basso e Filippo Schininà alla batteria, sempre pronto ad alternare i tempi più classici dei pezzi più lenti, ai velocissimi controtempi che rifanno (dal vivo) il “verso” alle elettroniche drum-machines. Una sana dose di ethno-trance, come è stata definita dagli estimatori del gruppo salentino. Serata meravigliosa.


Domenica 12 settembre – 3° giorno

L’ultimo giorno di questa edizione di Suoni dal Mediterraneo ha dato uno sguardo a levante! E’ da lì che sono arrivati i progenitori dei sinti, dei rom, dalle rive dell’Indo. E da un vicino levante, quello greco, arrivano gli Opa Opa, progetto legato al mondo delle danze con lo scopo di promuovere la cultura greca. Curato da Andrean Pelliccia e Dimitris Evangelou, il secondo workshop, seguitissimo (anche qui abbiamo superato abbondatemente il numero massimo previsto), ha permesso a decine di partecipanti di venire a contatto con il mondo delle danze greche e impararne subito i passi fondamentali.
L’ultima sera: rieccoci qui!
Che piacere rivedere tanta gente in Largo Giannotti dopo 4 anni di lontananza!
Torturati dai dubbi del giorno precedente, domenica mattina, confortati dalle stesse previsioni che avevano fallito il giorno precedente (ci siamo detti: non possono sbagliare ancora!!!), si è deciso di spostare tutto in zona Fravina: si ripopola la piazza. I residenti del quartiere, ma soprattutto i ragazzi, piccoli e grandi, frequentatori abituali di largo Giannotti nei lunghi pomeriggi estivi, hanno finalmente avuto la conferma da noi organizzatori: i concerti ci sarebbero stati!
Suoni dal Mediterraneo entra nel cuore del centro storico, sotto i balconcini delle abitazioni a un piano, tra le panchine divelte dalle radici dei pini, sulle chianche lucide dopo le piogge dei giorni precendenti.
Nonostante un maligno acquazzone, che intorno alle 14 ha tentato di bagnare la strumentazione, in parte già montata, e la permanenza di nuvole sparse fin quasi a sera, alle 21,15, puntuale come un tram finalandese (sappiate che non esistono solo gli orologi svizzeri), il quartetto dei Manomanouche si è trovato davanti l’anfiteatro naturale di Largo Giannotti.
Sotto i pini, il numerosissimo pubblico accorso, rinfrancato dalla clemenza del tempo (finalmente era scongiurato il pericolo di altri acquazzoni ha avuto il piacere di ascoltare dialogare tra loro le chitarre di Nunzio Barbieri e Luca Enipeo, e la fisarmonica di Max Pitzianti con il contrabbasso del mauriziano Jino Touche.

I quattro, autori di una dedica lunga un intero concerto al chitarrista gipsy che più ha influenzato il loro lavoro, Django Reinhardt ci hanno fatto assaggiare un’ora di swing manouche allo stato puro. Un benefico ritorno, musicalmente parlando, agli anni in cui, a Milano, un certo Cosimo (Cosimino) Di Ceglie suonava con l’orchestra di Gorni Kramer, e addirittura in un trio dove, oltre a lui alla chitarra, c’erano lo stesso Kramer al contrabbasso ed Enzo Ceraioli al piano. (http://www.jazzitalia.net/recensioni/jazzinitaly_gornikramer3.asp).
Quindi, a posteriori, ci verrebbe da dire che Andria, il jazz manouche, ce l’ha nel sangue!.
Apprezzatissimo concerto e pausa un po’ più lunga per permettere di salire sul palco, (anch'essi come il gruppo che li ha preceduti, per la sezione "Tradizione e riproposta") all'Orchestra Evì Evàn, sei ragazzi (italiani e greci) ripropositori del Rembetiko, genere nato negli XIX secolo nelle metropoli greche, ma che in realtà è stato importato da Istambul e risultato dalla fusione dei costumi e delle tradizioni di greci, turchi, ebrei, gitani, arabi, persiani, balcanici, nonché veneziani e genovesi che costituivano quel mosaico culturale che è stata la capitale turca già a partire dal XVI secolo. Non c’è voluto molto perché la magia del luogo avesse il suo effetto: con Suoni dal Mediterraneo, sulle chianche di Largo Giannotti gli spettatori diventano protagonisti: in tanti hanno ballato il hasapikos (grazie sopratutto al corso di danze greche organizzato dal festival e svoltosi nel pomeriggio), tutti stretti insieme in un unico abbraccio.
Dopo tanto tempo, davanti a quella casa piena di crepe e sul punto di crollare, si è tornati a respirare quel clima allegro e spensierato, fatto di danze, musiche e frutto del lavoro di ricerca svolto sia dagli artisti (ripropositori e portatori) ospitati sul palco del festival andriese, che dagli organizzatori della manifestazione, tra i quale occorre menzionare il direttore artistico Ruggiero Inchingolo. Viva il centro storico vivo!!!
Infine, ricordiamo ancora il grande successo ottenuto dai workshop di danze popolari (pizzica e danze greche). Dato che entrambi hanno fatto registrare il tutto esaurito, abbiamo dovuto aumentare il limite massimo previsto per far posto a tutti quelli che ne hanno fatto richiesta: a Suoni dal Mediterraneo nessuno si senta escluso!!!

Ringraziamo ancora tutti quelli che ci hanno sostenuto, aiutato, consigliato,
in special modo i collaboratori e i fan vicini e lontanil!!!

Arrivederci alla prossima edizione con il Festival Suoni dal Mediterraneo!

Ruggiero Inchingolo

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