Che fine fanno i rifiuti in agricoltura?

Considerazioni di Anastasia D'Amato volontaria Legambiente Andria
Redazione 29 Gennaio 2009 notizie 767
Che fine fanno i rifiuti in agricoltura?


Nessuno si è mai chiesto come vengono smaltiti i rifiuti in agricoltura? Per rifiuti agricoli si intende dagli “innocui” residui di potatura alle diverse materie plastiche, come tubi in polietilene-pvc, contenitori di fitofarmaci e seminiere in polistirolo. La cosa spaventosa sono le enormi quantità prodotte, che invece di essere smaltite come rifiuti speciali presso discariche autorizzate, vengono “semplicemente” incendiate dagli stessi agricoltori.

Dalla combustione di questi materiali si sviluppano immense nubi nere che rilasciano nell’aria diossido di carbonio, monossido di carbonio, gas tossici, diossine e PCB (policlorobifenili) che sono sostanze altamente tossiche, cancerogene, invisibili e impercettibili. Tali sostanze si accumulano nell’organismo umano in situazioni di contaminazione cronica e di lungo periodo…e quando il rogo si è estinto rimane sul terreno uno strato di diversi centimetri che poi viene interrato o cancellato dalle intemperie, con il conseguente infiltramento negli strati più profondi del terreno e nelle falde acquifere.

Prendendo in considerazione le tanto diffuse seminiere in polistirolo, e quantificandone circa 700.000 per ogni ciclo colturale (in un anno possono susseguirsi anche 3 cicli) nel solo territorio di Andria, immaginiamo la mole di inquinanti che periodicamente vengono immessi nell’atmosfera, e sullo stesso terreno coltivato. La colpa non è del tutto imputabile agli agricoltori, in realtà essendo rifiuti speciali e non potendo essere smaltiti come rifiuti solidi urbani, ovviamente non dovrebbero essere bruciati, ma è anche vero che non esistono discariche adibite al loro conferimento o aree autorizzate a ritirarli… ma soprattutto c’è poca informazione.

Il problema è principalmente la naturalezza con cui questo metodo di smaltimento “fai da te” viene quotidianamente eseguito dagli operatori del settore agricolo, che ignorano l’enorme impatto sulla salute propria, quella dei consumatori e sull’ambiente. Si tratta dunque di sradicare abitudini ormai consolidate.

In realtà la soluzione al problema esiste. Bisognerebbe fornire le aziende agricole di appositi registri di carico/scarico dei suddetti materiali in modo da poterli smaltire correttamente presso aziende preposte al trattamento di rifiuti speciali, e che allo stesso tempo siano facilmente controllabili.

Ma perché ricorrere a soluzioni così poco sbrigative e dispendiose? A questo punto dovrebbero intervenire gli organi preposti alla tutela e salvaguardia della salute e del territorio con controlli periodici atti ad arrestare questo fenomeno ignorato da sempre.











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